LIBERTÀ. GIUSTIZIA. UGUAGLIANZA.

Boicottaggio, Disinvestimento e Sanzioni per i diritti del popolo palestinese.

Bruxelles. Il Tribunale Russell accusa Israele per l'offensiva contro la Striscia: armi proibite e civili colpiti deliberatamente, esecuzioni sommarie e inutili devastazioni. Onu, Ue e Usa complici

di Luisa Morgantini, Luigi Daniele, Emanuele De Franco

In una gre­mita audi­zione svol­tasi a Bru­xel­les pochi giorni fa, la giu­ria del Rus­sell Tri­bu­nal on Pale­stine, com­po­sta da giu­ri­sti, intel­let­tuali e difen­sori dei diritti dell’uomo di pre­sti­gio mon­diale tra i quali Ken Loach, Roger Waters, Chri­stiane Hes­sel, Van­dana Shiva, Rom Kasr­lil, Richard Falk, ha pre­sen­tato al Par­la­mento euro­peo le con­clu­sioni del Tri­bu­nale che si è tenuto a Bru­xel­les il 24 set­tem­bre sull’operazione israe­liana «Mar­gine Pro­tet­tivo» nella Stri­scia di Gaza. Dalla ses­sione è emersa la descri­zione docu­men­tata della più feroce offen­siva subita dalla Pale­stina dal 1967 ad oggi. Com­ples­si­va­mente sono state sca­gliate sulla stri­scia — sot­to­li­nea la giu­ria — 700 ton­nel­late di arti­glie­ria pesante: «Circa due ton­nel­late di ordi­gni per chi­lo­me­tro quadrato».

I testi­moni hanno pro­vato che l’esercito israe­liano non solo ha uti­liz­zato ogni sorta di arma proi­bita dalle Con­ven­zioni di Gine­vra (inclusi pro­iet­tili a fram­men­ta­zione, bombe a grap­polo e ura­nio impo­ve­rito), ma ha deli­be­ra­ta­mente diretto attac­chi con­tro obiet­tivi e strut­ture civili, in totale disprezzo dei prin­cipi car­dine del diritto inter­na­zio­nale uma­ni­ta­rio. Le con­clu­sioni della giu­ria dimo­strano che le vio­la­zioni per­pe­trate non sono limi­tate all’illiceità inter­na­zio­nale dell’occupazione e dell’offensiva israe­liane, ma cor­ri­spon­dono a diversi cri­mini di massa codi­fi­cati nello Sta­tuto di Roma della Corte Penale Inter­na­zio­nale, di cui il Tri­bu­nale ha rac­colto nume­rose evidenze.

Israele é risul­tata col­pe­vole di gravi cri­mini di guerra. Tra essi spic­cano «l’esecuzione som­ma­ria di civili pale­sti­nesi da parte delle truppe di terra israe­liane; la deva­sta­zione non giu­sti­fi­cata da neces­sità mili­tari, inclusa la distru­zione di ser­vizi essen­ziali e rifor­ni­menti idrici ed ener­ge­tici; il bom­bar­da­mento mas­sic­cio e arbi­tra­rio di aree civili den­sa­mente popo­late; l’uso spro­por­zio­nato della forza, espli­ci­ta­mente pre­vi­sto e adot­tato come metodo di guerra dall’esercito israe­liano (la Dahiya doc­trine, puni­zione col­let­tiva) e l’attacco inten­zio­nale con­tro ospe­dali, unità e per­so­nale medico».

Alla luce delle testi­mo­nianze, il Tri­bu­nale ha con­cluso che un vero e pro­prio attacco siste­ma­tico con­tro la popo­la­zione civile vi è stato e che, rela­ti­va­mente alle con­dotte di omi­ci­dio, ster­mi­nio e per­se­cu­zione, vi sono indizi di cri­mini con­tro l’umanità, quali «l’inflizione inten­zio­nale di con­di­zioni di vita dirette a cagio­nare la distru­zione di parte della popo­la­zione, come impe­dire l’accesso al cibo, all’acqua e alle cure mediche».

Le cru­deltà dell’offensiva, insieme alle prove di un pro­gres­sivo, allar­mante pro­cesso di fana­tiz­za­zione raz­ziale dell’opinione pub­blica, sono risul­tate così gravi da porre una spi­nosa que­stione: pos­sono, tutte que­ste con­dotte, unite in unico dise­gno volto a distrug­gere un popolo, inte­grare il cri­mine di geno­ci­dio? La giu­ria, con­si­de­rando il requi­sito spe­ci­fico del cri­mine — ovvero l’intento di distrug­gere, in tutto o in parte, un gruppo nazio­nale, etnico o reli­gioso – ritiene che alcune con­dotte tipi­che della fat­ti­spe­cie si siano effet­ti­va­mente veri­fi­cate, ma avverte che «le poli­ti­che di occu­pa­zione israe­liane sem­brano orien­tate, più che alla distru­zione fisica, al con­trollo e al sog­gio­ga­mento del popolo pale­sti­nese». La que­stione in punto di diritto è controversa.

Cer­ta­mente, però, il prin­ci­pio ideo­lo­gico di que­sti attac­chi è evi­dente: cosa signi­fica attac­care una scuola se non distrug­gere il diritto all’educazione? Cosa signi­fica attac­care un ospe­dale se non impe­dire in par­tenza ai cit­ta­dini di acce­dere alle cure e agli aiuti uma­ni­tari? Cosa signi­fica attac­care siste­ma­ti­ca­mente la popo­la­zione civile se non ter­ro­riz­zarla, spez­zando ogni sogno di libertà e autodeterminazione?

Come dovrebbe rea­gire, allora, di fronte a tutto que­sto, la comu­nità inter­na­zio­nale? Il Tri­bu­nale pone richie­ste con­crete ai diversi attori della situazione.

A Israele, “impu­tato” prin­ci­pale di que­sto pro­cesso, si chiede di porre fine all’occupazione, rispet­tare l’autodeterminazione dei pale­sti­nesi, la lega­lità inter­na­zio­nale e, insieme all’Egitto, di ces­sare l’assedio di Gaza. Tut­ta­via anche le respon­sa­bi­lità di Onu, Ue e Stati mem­bri sono risul­tate tutt’altro che secon­da­rie. A essi si chiede di ces­sare ogni soste­gno eco­no­mico e scien­ti­fico all’industria mili­tare israe­liana, di esi­gere risar­ci­menti per la distru­zione delle infra­strut­ture rea­liz­zate con aiuti inter­na­zio­nali, di imporre un severo embargo mili­tare a Israele e ina­sprire le rela­zioni diplo­ma­ti­che e com­mer­ciali, a pena di incor­rere in una com­plice e mor­ti­fi­cante acquie­scenza. A entrambe le parti ferma esor­ta­zione ad ade­rire alla Corte Penale Inter­na­zio­nale e alle isti­tu­zioni inter­na­zio­nali, in modo par­ti­co­lare agli Usa, di porre fine a pres­sioni e ricatti sull’Ap affin­ché non acceda allo Sta­tuto della Corte.

Ci si trova, in sostanza, di fronte non solo alla lotta del mili­ta­ri­smo israe­liano con­tro i diritti di un intero popolo e la sua soprav­vi­venza come tale, ma a un’offensiva fron­tale dei governi occi­den­tali con­tro l’eguaglianza nell’accesso alla giu­sti­zia. In que­sto modo, tute­lando l’impunità, si tutela, in realtà, la ripro­du­zione delle atrocità.

Fonte: il manifesto