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Dipartimento per l'Ambiente, l'Agroalimentare e gli Affari Rurali

Consulenza tecnica: etichettatura dei prodotti coltivati nei territori palestinesi occupati

Introduzione:

1. Il governo ha ricevuto richieste, da parte di commercianti, associazioni di consumatori e ONG, per una maggiore chiarezza su come deve essere indicata la provenienza su prodotti alimentari e bevande che sono state prodotte e confezionate nei territori palestinesi occupati (TPO). Le loro richieste sono incentrate, in particolare, sulla distinzione tra prodotti provenienti da produttori palestinesi e prodotti dagli insediamenti israeliani nei territori occupati.

2. Le seguenti raccomandazioni (elaborate dal l'Ambiente, l'Agroalimentare e gli Affari Rurali, lavorando insieme al Ministero degli Esteri, all'Agenzia per la normativa alimentare, all'Agenzia delle Entrate e della Dogana, all'ufficio del Gabinetto e al Dipartimento per le Imprese, l'Innovazione e le Competenze) sono state preparate per aiutare le imprese, qualora volessero rispondere alla richiesta da parte dei consumatori di conoscere la provenienza dei prodotti alimentari che sono stati prodotti nei territori palestinesi occupati. La questione di chiarezza sulla provenienza tra i produttori palestinesi e i produttori negli insediamenti israeliani all'interno dei TPO riguarda in gran parte l'area della Cisgiordania. Anche se queste raccomandazioni sono applicabili alle importazioni da Gaza e da Gerusalemme Est, siamo consapevoli che la maggioranza delle importazioni nel Regno Unito provengono dalla Cisgiordania e che dal 2006 non ci sono insediamenti israeliani nella striscia di Gaza.

7 ottobre 2010 - servizio di Babush, il settimanale di approfondimento di Amisnet

I nostri percorsi metropolitani partono dagli scaffali dei supermercati italiani per capire cosa accade con un particolare tipo di merci: quelle etichettate come “Made in Israel” ma che non sempre sono prodotti israeliani.

Gli scambi commerciali tra Unione Europea ed Israele si sono intensificati negli ultimi anni, anche grazie all’accordo doganale sottoscritto tra Bruxelles e Tel Aviv, ma di pari passo è cresciuta la campagna di boicottaggio promossa dalla società civile palestinese e sostenuta da attivisti internazionali e dagli israeliani contrari all’occupazione.

Ma come funziona la campagna, quali sono i prodotti che destano maggiori perplessità, da dove vengono e in che quantità arrivano da noi?

Per capirlo abbiamo puntato i nostri microfoni verso i Territori Palestinesi Occupati ed in particolare verso le colonie israeliane, considerate illegali dall’ ONU e da dove proviene una parte delle merci esportate come israeliane. Ci sposteremo poi a Vado Ligure, cioè dal porto dove arriva la maggior parte dei prodotti agricoli israeliani e da dove è partita la campagna italiana. Tenteremo di capire l’intricata vicenda della Coop che la scorsa primavera è stata accusata di antisemitismo per aver annunciato la sospensione dei prodotti Carmel-Agrexco, la principale società israeliana per l’esportazione di frutta e verdura che è oggetto dell’ attenzione degli attivisti per l’origine opaca dei suoi prodotti che a volte sono riconducibili ai terreni espropriati ai palestinesi in cui sorgono le a colonie .

» Ascoltate il servizio su Amisnet

Bologna, 25 maggio 2010 - In merito alle notizie apparse sulla stampa circa la denuncia da parte di alcune organizzazioni umanitarie relativa alla commercializzazione di prodotti che sarebbero stati coltivati nei Territori Occupati della Palestina, Conad puntualizza quanto segue: - non è in atto alcuna attività di boicottaggio da parte di Conad; a lanciare campagne di boicottaggio sono le associazioni delle diverse parti in causa che vorrebbero coinvolgere e condizionare Conad, come ben si evince dalle oltre 600 pagine web; - come già precisato nella nota diffusa ieri alle agenzie, Nordiconad non intrapreso alcuna azione di boicottaggio, ma ha solo richiesto informazioni al fornitore; - quanto sia strumentale questa vicenda lo testimonia il fatto che il prodotto in questione – il pompelmo proveniente da Israele - ha una sua stagionalità che, come ben sanno gli operatori, si è conclusa ad aprile; quando le produzioni di pompelmo saranno nuovamente disponibili, le forniture proseguiranno regolarmente; - Conad, contrariamente a quanto riportato da alcuni organi di informazione, non ha mai sospeso forniture di prodotti – ortofrutta o altro - da Israele. Diffidiamo pertanto ogni soggetto dal lanciare o riportare notizie imprecise, non veritiere e già destituite da ogni fondamento. Conad si riserva infine di tutelare il proprio nome e gli interessi della catena in ogni sede competente.

Fonte: Conad

di Amira Hass

Alcuni supermercati italiani hanno deciso di bandire i prodotti Agrexco. Anche Amira Hass sceglie con attenzione cosa comprare e cosa no.

Ogni volta che entro in un negozio israeliano esamino attentamente l'origine del prodotto. Il miglior vino d'Israele è fatto sulle alture del Golan, occupate, e quindi non lo compro mai. Penso ai 15mila siriani che nel 1967 furono espulsi dalle loro terre.

I migliori ortaggi biologici sono coltivati nelle colonie del sud della Cisgiordania e della valle del Giordano. Lì i coloni dispongono di grandi quantità di acqua, mentre le vicine comunità palestinesi non sono collegate alla rete idrica.

Poi ci sono le uova di gallina provenienti dall'insediamento di Itamar, dove i soprusi dei coloni e le restrizioni militari hanno reso la vita impossibile ai palestinesi. Ma questi prodotti non si trovano solo in Israele.

Certi negozi di Ramallah vendono, consapevolmente o no, alcuni prodotti degli insediamenti. I funghi secchi, per esempio, provengono dalla colonia di Teqoa (anche qui i palestinesi soffrono di una cronica mancanza d'acqua). Una recente legge palestinese che vieta la vendita di prodotti degli insediamenti non è ancora applicata ovunque.

Molti israeliani si comportano come me. Questo fa di noi degli antisemiti? Sembrerebbe di sì, stando al putiferio suscitato dalla decisione (poi revocata) di alcune catene di supermercati italiani di bandire i prodotti Agrexco, perché l'etichetta non indica se provengono da Israele o dalle colonie. Ma è meglio essere accusati di antisemitismo che mangiare ortaggi annaffiati di razzismo.

Amira Hass è una giornalista israeliana. Vive a Ramallah, in Cisgiordania, e scrive per il quotidiano Ha'aretz

Fonte: Internazionale

  • Sinokrot mira a competere con i coloni israeliani
  • La perdita del mercato di Gaza ha catalizzato il passaggio all'agricoltura
  • Il magnate vede prospettive per investimenti palestinesi in agricoltura

Gerico, Cisgiordania, 27 maggio (Reuters) - Il blocco imposto da Israele alla Striscia di Gaza ha impedito all'imprenditore Mazen Sinokrot l'accesso ad un terzo del mercato palestinese e lo ha costretto alla diversificazione.

Oggi, invece di commerciare wafer al cioccolato ai palestinesi che distano soli due ore dalle sue fabbriche in Cisgiordania, esporta pomodorini coltivati nella Valle del Giordano verso l'Europa.

"Abbiamo iniziato a diversificare - non aumentando le nostre capacità esistenti, ma diversificando in modo da ricavare almeno più utili per sopravvivere", ha detto Sinokrot, capo di un gruppo di imprenditori che producono di tutto, dai guanti chirurgici all'acqua minerale.

Nel suo stabilimento d'imballaggio Palestinian Gardens nella Valle del Giordano, pomodorini coltivati su terreni di Sinokrot o provenienti da altri coltivatori palestinesi escono dalla linea di produzione in scatole di plastica destinati agli scaffali dei supermercati esteri.

L'idea è sfruttare il clima unico e sotto il livello del mare della Valle del Giordano, sempre più caldo delle aree circostanti, per coltivare e esportare prodotti agricoli quando le stagioni sono terminate altrove nel mondo.

La catena di supermercati sospende la distribuzione dei prodotti Carmel

Dopo un anno di campagna, una prima vittoria per la coalizione "Stop Agrexco", fondata a Pisa. La Coop ha deciso infatti di sospendere le forniture dei prodotti Carmel Agrexco per ragioni di chiarezza verso il consumatore. Molte associazioni e ONG aveva evidenziato nei mesi precedenti come molti dei prodotti distribuiti dal colosso provenissero dai Territori Occupati della Palestina. La dichiarazione arriva dunque dopo un anno di campagna portata avanti da "Stop Agrexco", coalizione che nasce proprio a Pisa nell'ottobre 2009, durante il meeting nazionale della campagna BDS. Tra le organizzazioni che compongono il cartello di Stop Agrexco spiccano Pax Christi, la FIOM-CGIL, la Federazione della Sinistra e la rete degli Ebrei Contro l'Occupazione.

A Pisa la campagna è portata avanti dal gruppo BDS-Pisa, che in questi mesi ha organizzato volantinaggi nei supermercati della città e momenti di confronto anche con i soci Coop.

L'Agrexco, azienda per metà di proprietà dello Stato di Israele che commercializza prodotti ortofrutticoli, è obiettivo di molte campagne di boicottaggio soprattutto in Europa. L'accusa è che i suoi affari siano strettamente legati all'economia dell'occupazione. Dirigenti dell'azienda stessa, infatti, hanno dichiarato che Agrexco esporta il 60-70% dei prodotti provenienti dai Territori Occupati in Cisgiordania e nelle Alture del Golan. Recentemente i vertici di Agrexco Italia si sono difesi dichiarando che il 99,6% dei prodotti importati in Italia provengono dall'interno dei confini di Israele, dichiarazione quanto mai ambigua considerando che Israele è l'unico paese a non aver mai dichiarato i propri confini. Tale motivazione non ha dunque convinto i dirigenti Coop.

COOP sulla sospensione temporanea di merci prodotte nei territori palestinesi occupati: "Non accettiamo le accuse di razzismo o di discriminazione nei confronti di Israele. Ripetiamo che il nostro non è un boicottaggio, ma una sospensione commerciale limitata a quelle merci e non ai prodotti israeliani. ".

In merito alla decisione presa di sospendere la vendita delle merci provenienti dai territori palestinesi occupati e a seguito del perdurare di reazioni allarmate e di accuse di razzismo, Coop precisa di non aver mai effettuato nessun boicottaggio su Israele nè su altri, essendo questa una modalità estranea al proprio modo di operare e che spetta eventualmente ai singoli consumatori.

A seguito di richieste dei propri soci e consumatori in merito all'origine di alcuni prodotti ortofrutticoli etichettati "made in Israel", ma potenzialmente provenienti anche dai territori occupati, Coop ha richiesto di sospendere l'approvvigionamento esclusivamente dei prodotti provenienti da queste aree, al fine di valutare se esistono possibilità di specificare maggiormente l'origine e così da salvaguardare un diritto di informazione al consumatore.

A riprova di nessun atteggiamento ostile, Coop sta attualmente commercializzando regolarmente i prodotti israeliani: le arachidi a marchio Coop provengono proprio da aziende agricole del territorio di Israele (oltre che dall'Egitto).

Siamo fiduciosi di poter trovare in breve tempo, con la collaborazione del fornitore, una soluzione per una informazione più completa e per la riammissione in vendita dei prodotti.

Roma, 25 maggio 2010



Per informazioni:
Silvia Mastagni – responsabile ufficio stampa Coop
Tel. 06 441811 – Questo indirizzo email è protetto dagli spambots. È necessario abilitare JavaScript per vederlo.

26 maggio 2010

La Coop e la Conad sono state invitate da un gruppo di Ong e associazioni (Attac, Pax Christi, Federazione della Sinistra, Fiom Cgil, Forum Palestina, Un Ponte Per, Ebrei contro l'occupazione, Donne in Nero) a togliere dai loro scaffali le derrate agricole israealiane importate dalla società Agrexco, perché provenienti dai Territori della Giudea e della Samaria. Ne parliamo con Shimonal Alchasov, direttore amministrativo dell'azienda israeliana, convinto che una scelta del genere finirebbe per influenzare negativamente la "pace economica" in Medio Oriente.

Dottor Alchasov, Coop e Conad smentiscono di aver indetto un "boicottaggio" ai danni di Israele ma sono state pesantemente attaccate da alcuni politici italiani

Preferirei non parlare di politica. Lavoro dal '73 in Agrexco, ho vissuto in Francia e anche nel vostro Paese. La nostra azienda si occupa di esportare derrate agricole che vengono da produttori ebrei, cristiani, musulmani. Noi pensiamo alla qualità del prodotto, non alle questioni politiche.

Coop e Conad effettivamente sostengono di voler evitare che sugli scaffali arrivi merce non etichettata e di cui, dunque, non si può stabilire l'esatta provenienza e qualità

Le dico una cosa: la nostra azienda esporta molto prodotti in Italia, dai pompelmi all'avocado, ma la quantità di merce che arriva da quelle che Lei ha definito "Colonie" si aggira intorno allo 0,4 per cento del totale. A parte qualche erba aromatica, onestamente mi sembra di poter dire che nel vostro Paese non arrivano derrate agricole coltivate nei territori di Giudea e Samaria.

L'organizzazione pacifista israeliana Gush Shalom ha inviato la lettera di seguito alla direzione dell'Agrexco.

Tel Aviv, 23 maggio 2010

Gentile Signora/e

Già da molti anni la vostra azienda ha l'abitudine di commercializzare a livello internazionale i prodotti provenienti dagli insediamenti nei territori occupati. Come siete senza dubbio a conoscenza - anche se non vi siete scomodati nel farlo sapere al pubblico israeliano - questa pratica sta suscitando una forte opposizione in tutto il mondo, particolarmente in Europa, nella forma di manifestazioni, petizioni di protesta e così via.

In particolare, due grandi catene di supermercati in Italia, la COOP e Nordiconad, hanno annunciato ad associazioni attive nel loro paese che non sono più disponibili a commercializzare prodotti provenienti dagli insediamenti nei Territori Occupati, che sono distribuiti in Europa dall'Agrexco. Il sig. Maurizio Zucchi, il direttore della Qualità, scrive che la vostra azienda non è disposta ad indicare sulla confezione l'origine dei propri prodotti in vendità e quindi visibile ai clienti del supermercato, rendendo così impossibile per i consumatori italiani di verificare se i prodotti offerti provengono dal territorio internazionalmente riconosciuto di Israele o dagli insediamenti nei territori occupati - una questione molto importante per molte persone, in Italia e nel mondo.

Questi sviluppi in Italia dovrebbero essere considerati da voi come un allarme rosso lampeggiante. È ora che vi rendiate conto che l'agricoltura negli insediamenti nei territori occupati - in particolare, gli insediamenti agricoli stabiliti nella Valle del Giordano come parte del defunto 'Piano Allon' - è diventata una macina al collo per l'agricoltura israeliana. Se si mantiene la politica di mescolare i prodotti israeliani con i prodotti degli insediamenti, anche se l'opposizione a livello mondiale agli insediamenti è nettamente in crescita, si mettono a rischio tutte le esportazioni agricole di Israele.

Il vostro

Adam Keller, portavoce di Gush Shalom tel. 054-2340749

Fonte: Gush Shalom

26 maggio 2010

Ministro Andrea Ronchi, i prodotti israeliani spariscono dagli scaffali di Coop e Conad. È o no un boicottaggio?
«Voglio lasciare il beneficio della buona fede. Ma quello che sta accadendo si inserisce in un quadro più ampio. I grandi soggetti della distribuzione devono sapere che è in corso un boicottaggio dell'Anp (Autorità nazionale palestinese, ndr) che mira a impedire la vendita dei prodotti israeliani».

Le cooperative italiane sostengono che il loro non è boicottaggio (vietato in Italia, ndr) ma che le etichette delle merci provenienti dai Territori non specificano la provenienza. Un pretesto?
«Io credo che in Italia ci sia stata superficialità su questa vicenda, le strutture distributive devono stare attente a non cadere nella trappola».