LIBERTÀ. GIUSTIZIA. UGUAGLIANZA.

Boicottaggio, Disinvestimento e Sanzioni per i diritti del popolo palestinese.

Comunicati

Comunicati di BDS Italia, del Comitato nazionale palestinese per il BDS (BNC) e della Campagna palestinese per il boicottaggio accademic e culturale di Israele (PACBI)

Palestina occupata, 10 Luglio – Alla luce dell’attuale brutale assalto militare sui palestinesi di Gaza e di altrove, il Comitato Nazionale Palestinese per il Boicottaggio, il Disinvestimento e le Sanzioni (BNC) chiede ai sostenitori dei diritti umani di intraprendere azioni efficaci, particolarmente nel computo della campagna BDS, per mostrare la propria solidarietà e mettere pressione ad Israele affinchè ponga fine al suo regime di occupazione, colonialismo ed apartheid.

In particolare, incitiamo le persone di coscienza ad intensificare la loro pressione sui governi per imporre un embargo militare su Israele e per sospendere gli accordi bilaterali e di libero commercio finchè lo Stato israeliano non adempierà ai suoi obblighi previsti dal diritto internazionale. I governi di tutto il mondo devono essere ritenuti responsabili per le loro complicità coi crimini israeliani. Come ha affermato il Premio Nobel sudafricano, Arcivescovo Desmond Tutu: “Se ti mantieni neutrale in situazioni di ingiustizia, hai scelto di stare dalla parte dell’oppressore.”

  • Mentre proseguono le proteste in Palestina, si stanno organizzando eventi in tutto il mondo e anche in Italia, per porre fine all'impunità di Israele;
  • Alle Nazioni Unite, 86 dei massimi esperti legali esigono che l'ONU e gli stati agiscano;
  • Tra le firme, l'Associazione nazionale dei Giuristi Democratici.

Esperti di diritto noti a livello  internazionale e reti di legali di tutti i continenti, tra i quali relatori speciali delle Nazioni Unite, giudici ed ex giudici, noti professori di diritto e associazioni professionali nazionali e continentali, hanno invitato il Segretario Generale delle Nazioni Unite Ban-Ki Moon e i leader mondiali ad intraprendere "azioni concrete" contro il muro di Israele nella Cisgiordania occupata.[1]

Il 9 luglio 2014 segna dieci anni da quando la Corte Internazionale di Giustizia (ICJ) emise il parere consultivo sul Muro che Israele sta costruendo nella Cisgiordania occupata, e che coinvolge anche  Gerusalemme est. L'ICJ ha concluso che il Muro fa parte dell'illegale sistema israeliano di insediamenti e annessioni. Ha chiesto a Israele di cessare la costruzione, abbattere le sezioni già costruite e pagare risarcimenti per i danni causati.

- Le organizzazioni palestinesi condannano le operazioni israeliane di punizione collettiva in Cisgiordania e a Gaza
- I palestinesi chiedono un embargo militare e il boicottaggio.

Gli attivisti palestinesi del movimento di boicottaggio, disinvestimento e sanzioni (BDS) sollecitano I governi e la società civile internazionale ad intraprendere azioni per considerare Israele responsabile della sua continua punizione collettiva in Cisgiordania e a Gaza a seguito della sparizione e della morte di tre coloni israeliani.

Zaid Shuaibi, portavoce del Comitato Nazionale Palestinese BDS, la coalizione della società civile che guida e sostiene il movimento BDS, ha affermato:

Sabato 28 giugno a Roma, attiviste e attivisti della campagna di boicottaggio, disinvestimento e sanzioni (BDS) contro Israele hanno corretto delle pubblicità ingannevoli in una decina di stazioni della metro, incassando l’approvazione dei passeggeri.

Si trattava delle pubblicità dell'Eden Viaggi, dove campeggiava il logo del Ministero del Turismo israeliano, che invitavano ad andare in Israele dove è tutto "sotto controller". Tra le immagini sulle pubblicità anche quella di Gerusalemme est nei Territori palestinesi occupati. Le scritte sono state corrette per sottolineare invece che la Palestina è "sotto occupazione", invitando al boicottaggio di Israele.

Si ricorda inoltre che il Ministero del Turismo israeliano promuove turismo anche nelle colonie costruite illegalmente su terre palestinesi e che sulle mappe ufficiali del ministero no vi è traccia dei Territori palestinesi occupati.[1]

L'iniziativa arriva mentre Israele porta avanti un'azione di punizione collettiva in tutta la Palestina con la presunta ricerca dei tre giovani coloni scomparsi, che conta finora 9 morti e circa 120 feriti, oltre 500 arrestati, migliaia di incursioni nelle case, scuole, ospedali e sedi di organizzazioni e dei media, e bombardamenti su Gaza. Arriva anche il giorno dopo che il Ministero degli Esteri italiano ha pubblicato un avviso formale sui rischi legali ed economici associati alle attività nelle colonie israeliane, o di cui beneficiano le stesse. L'avviso specifica tra l'altro che riguarda anche i servizi turistici.[2]

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Note:
[1] http://www.goisrael.gov.il/tourism_heb2/Tourist%20Information/Cities/Pages/Hebron.aspx
http://www.goisrael.com/Tourism_Eng/Tourist%20Information/
http://beta.govmap.gov.il/
[2] http://www.esteri.it/MAE/IT/Sala_Stampa/ArchivioNotizie/Approfondimenti/

Comunicato stampa di BDS Italia

A seguito della denuncia di BDS Italia, è stata rimossa dalla pagina per Israele sul sito web di Expo 2015 l'indicazione di Gerusalemme come capitale. (vedi sotto immagini prima e dopo)

La scorsa settimana, dopo la pubblicazione di schede di presentazione per i paesi partecipanti a Expo, è stata rimarcata questa fraudolenta attribuzione, facendo presente che Israele è l'unico paese al mondo che riconosce Gerusalemme come sua capitale.

In base alla risoluzione ONU 181 del 1947, Gerusalemme è un corpus separatum governato da uno speciale regime internazionale. In palese violazione del diritto internazionale, Israele ha annesso unilateralmente Gerusalemme est nel 1967 a seguito dell'occupazione militare della Cisgiordania e di Gaza. Pertanto, le ambasciate in Israele, tra cui quelle dell'Italia e dell'Unione Europea, si trovano a Tel Aviv e dintorni.

Il Comitato Expo, che con il "conferimento" a Gerusalemme dello status di capitale aveva avallato l'illegale acquisizione di Israele di territori con la forza, ora ha scelto di rimuovere il campo "capitale" da tutte le schede dei partecipanti nel tentativo di offuscare il contesto di illegalità in cui opera Israele. Inoltre, i partner istituzionali di Expo 2015, il Ministero dell'Economia, la Regione Lombardia e il Comune e la Provincia di Milano, hanno l'obbligo giuridico di non riconoscere e di prendere misure per porre fine alle violazioni della legalità internazionale di Israele, che non si fermano con l'occupazione di Gerusalemme est.

Il Comitato Nazionale BDS palestinese, la più grande coalizione nella società civile palestinese, alla guida del movimento globale di Boicottaggio, Disinvestimento e Sanzioni, saluta favorevolmente la coraggiosa decisione dell’assemblea generale della Chiesa Presbiteriana (USA) a Detroit di ritirare i propri investimenti da tre compagnie americane – Hewlett Packard, Motorola Solutions e Caterpillar – sulla base della loro ben documentata complicità nell’oppressione e negazione dei diritti umani dei palestinesi.

Questa è una decisione storica che mostra, attraverso misure concrete, il profondo impegno della Chiesa Presbiteriana per la verità e la giustizia. Con quest’azione la Chiesa Presbiteriana conclude un processo decennale di collaborazione con queste tre compagnie, l’evidenza del cui ruolo nella commissione dei crimini israeliani contro i palestinesi ha lasciato i presbiteriani senza scelta se non quella di disinvestire.

Bisan Mitri, del Comitato Nazionale BDS palestinese, ha detto: “la decisione della Chiesa Presbiteriana (USA) di disinvestire è ispiratrice e moralmente coraggiosa. È una vittoria per le persone che in tutto il mondo credono nella pace e nella giustizia. Dimostra inoltre che l’impegno per giustizia è sempre accompagnato dall’obbligo morale ad agire: è venuto il momento per le altre chiese di seguire questo esempio.”

Comunicato stampa di BDS Italia

In questi giorni sul sito web di Expo 2015 sono apparse nuove pagine per i paesi partecipanti con una scheda di presentazione.

Spicca tra queste la scheda di Israele, soprattutto per l'indicazione della capitale: non Tel Aviv ma Gerusalemme. Questo nonostante nel mondo ci sia un solo paese che riconosca Gerusalemme come capitale di Israele, ed è Israele stesso. Coerentemente a ciò, le ambasciate in Israele, tra cui quelle dell'Italia e dell'Unione Europea, si trovano a Tel Aviv e dintorni.

Nel 1967, a seguito dell'occupazione militare della Cisgiordania e di Gaza, Israele ha annesso unilateralmente Gerusalemme est, incorporandola nella parte ovest della città per creare la sua "capitale indivisa", in palese violazione del diritto internazionale. La comunità internazionale non riconosce nessuna parte di Gerusalemme come capitale di Israele, anche perché secondo la risoluzione ONU 181 del 1947, Gerusalemme è un corpus separatum governato da uno speciale regime internazionale. Attraverso la costruzione del muro e delle colonie, le demolizioni di case palestinesi, la sistematica espulsione di palestinesi e il trasferimento di coloni ebrei, le restrizioni sull'accesso e sulla residenza, Israele ha isolato Gerusalemme est dal resto dei Territori palestinesi occupati e ha deliberatamente reso impossibile la vita per i palestinesi che vi vivono.

Con l'attribuzione a Gerusalemme di "capitale di Israele", il Comitato Expo, e i suoi partner, il Ministero dell'Economia, la Regione Lombardia e il Comune e la Provincia di Milano, non solo sostengono l'illegale acquisizione di Israele di territori con la forza, ma contravvengono anche all'obbligo secondo il diritto internazionale di non riconoscere e agevolare il contesto di illegalità creato dalle violazioni di Israele.

Lettera di BDS Italia all’Ambasciatrice di Palestina in Italia

Gentile Ambasciatrice,

Le scriviamo come BDS Italia per esprimere il nostro shock e la nostra profonda preoccupazione per l’arresto di quattro dei nostri compagni attivisti BDS, Zaid Shuaibi, Fajer Harb, Fadi Quran e Abed al-Fatah Hamayel, da parte dei funzionari di sicurezza dell’Autorità Palestinese a Ramallah il 12 Aprile.

In quell’occasione, i quattro attivisti BDS palestinesi non hanno fatto niente di più di quello che noi stessi facciamo molte volte, ovvero protestare pacificamente contro un evento che ha mancato di rispettare l’appello della società civile palestinese per il boicottaggio, il disinvestimento e le sanzioni contro Israele. Gli attivisti, che hanno accettato di lasciare l’evento dopo aver esercitato il loro diritto alla libertà d’espressione, sono successivamente stati aggrediti dalla polizia palestinese e detenuti nottetempo senza poter consultare un avvocato.

Mercoledì 21 maggio, giorno in cui il Papa accoglie i visitatori ed i fedeli in Piazza S. Pietro, alcuni attivisti della Rete Romana Palestina unitamente ad alcuni componenti della Comunità Palestinese di Roma e del Lazio hanno consegnato a Papa Francesco, per il tramite dei suoi accompagnatori, una lettera scritta da Sabeel, Centro teologico per la liberazione ecumenica, e dalla associazione “Amici di Sabeel del Nord America.

Nella lettera, i promotori, 200 tra prelati cristiani, rabbini ed imam, della Palestina e del Nord America, richiamano l’attenzione di Papa Francesco in partenza per la Terra Santa, sulla occupazione israeliana e sul mancato rispetto dei diritti del popolo palestinese, ed in particolare sulla terribile condizione delle centinaia di bambini che ogni anno vengono imprigionati nelle carceri israeliane dove sono sottoposti a maltrattamenti disumani e degradanti e alla tortura. Invitano inoltre il Pontefice a richiedere esplicitamente e pubblicamente al Governo Israeliano di porre fine ai maltrattamenti ed imprigionamenti dei bambini, di rispettare il Diritto al Ritorno come stabilito dal Diritto Internazionale e riconosciuto dallo stesso Vaticano, e di porre fine all’occupazione della Cisgiordania, di Gaza e di Gerusalemme Est.

La lettera, che è stata sottoscritta da circa 6000 persone ed organizzazioni cristiane, chiede inoltre al Papa di esortare tutte le nazioni ad attivarsi ed agire perchè in Palestina sia fatta giustizia e sia applicato il diritto internazionale.

A ridosso della 66esima commemorazione della Nakba, il movimento per la liberazione della Palestina è allo sbando: i partiti politici sono divisi, l'Organizzazione per la Liberazione della Palestina è inefficiente, l'Autorità palestinese dipende da donatori stranieri ognuno con la propria agenda ed una strategia nazionale collettiva è assente. Le istituzioni non adempiono ai loro obiettivi e la capacità di mobilitazione tra i palestinesi si è sgretolata.

Questi elementi offrono l'opportunità per al regime israeliano di imporre unilateralmente “fatti sul terreno” e il suo avvocato, gli Stati Uniti, danno forza ad una soluzione politica ingiusta. Entrambi gli sviluppi minano il diritto al ritorno dei rifugiati palestinesi - il fulcro della causa palestinese.